Ci sono stato una decina di giorni, in Tunisia. Ho provato un'accoglienza e un'ospitalità familiare spontanea e assoluta. Forse ha influito il mio status di (quasi) anziano signore italiano. Ma ho vissuto le lunghissime (anche a novembre) giornate in un paesino di 5 mila abitanti lungo l'oasi, affascinato dalla luce nettissima (il cielo celeste, la campagna rosa-gialla, le case bianche) dall'aria pulitiisima e senza polvere.
Il sorriso delle donne tunisine, l'eleganza naturale delle loro movenze e degli abiti tradizionali, la poverta dignitosa ed essenziale, le grida e i giochi sorridenti dei bimbi: immagini indimenticabili.
Sono stato anche a un matrimonio: tre giorni di festa rilassatissima e gioiosa, senza lo stress dei nostri. La sposa è stata al centro di tutte le lente e calligrafiche attenzioni delle donne della casa: truccata, vestita con almeno 4-5 abiti diversi e foulard in successione, con la manina beneaugurante di Fatima istoriata con l'henné. Il nostro mitico-tragico italiano pranzo di nozze non esiste: le donne di casa preparano couscous per tutti e si mangia in una serie di separate e successive piccole tavolate da 6-7 persone. La casa è aperta a tutto il paese e vicini, amici e parenti entrano in continuazione, sbaciucchiano quattro volte tutti i presenti, formano la tavolatina con gli sgabelli tabourrhia, fanno gli auguri e poi se ne vanno.
Ma il futuro c'è in Tunisia: è nel 50 percento della popolazione che oggi ha meno di 14 anni.
Giovanni Guettar